Sulla base di quali criteri e chi decide quali attività economiche non rientrano nel ” necessario “ e quindi, in questo periodo di crisi coronavirus, possono essere momentaneamente (o definitivamente?) “accantonate”?
In realtà questo argomento viene dibattuto da tempo, ma prendo spunto da una recente intervista del primario dell’Ospedale Sacco di Milano, il dott. Massimo Galli (qui la sua intervista, pubblicata anche da tanti altri organi di informazione: https://www.corriere.it/cronache/20_ottobre_15/covid-milano-galli-poco-tempo-invertire-rotta-ospedali-pressione-gia-molto-forte-5c392590-0e5f-11eb-9df8-9ad18fda6e17.shtml ma anche qui: https://notizie.tiscali.it/cronaca/articoli/Infettivologo-Massimo-Galli-il-non-necessario-va-tolto/ ) per cercare di capire su quali basi si fonda il concetto di ” necessario ” per l’opinione pubblica.
“Tutto quello che non è essenziale ed è potenzialmente pericoloso come occasione di diffusione del virus dovrà necessariamente essere evitato, per la sicurezza di tutti “
Bene: ma cosa può definirsi non necessario? E soprattutto, chi e sulla base di quali presupposti decide il principio generale, valido per tutti, della necessità o meno di un bene o servizio?
Ed infine: chi prenderà queste decisioni, sarà consapevole dell’impatto che possono avere sull’intero tessuto economico e sociale?
Prendiamo l’esempio del turismo.
Sappiamo come il settore sia sostanzialmente allo stremo dalla chiusura, decisa ormai da tempo, di molte destinazioni internazionali.
I viaggi a corto raggio, le destinazioni interne o le brevi vacanze, di fatto, hanno bloccato una intera “filiera” di settore, e tutto l’indotto conseguente.
Nella mia attività leggo, redigo o verifico centinaia di bilanci di attività legate al turismo e nei loro conti economici sono presenti un lungo elenco di costi che, senza il sostentamento dei ricavi, non potranno più essere sostenuti.
Ogni singolo costo di una agenzia viaggi (ad esempio costo per guide turistiche, costo per software, costo per consulenze marketing e pubblicità, ecc.) diventa, a sua volta, la voce di ricavo di tutte le attività legate all’indotto (il ricavo della guida turistica, il ricavo della casa di software, il ricavo del consulente marketing, ecc.) e danno vita a tanti altri conti economici.
Perchè impedire una “non necessaria” vacanza in un paese extracomunitario non vuol dire solo impedire ad un (più o meno facoltoso) vacanziero di godersi qualche giorno di meritato relax, vuol dire anche:
- impedire al villaggio, hotel, struttura turistica e qualsiasi altra attività economica di svolgere la propria attività,
- impedire ai vettori aerei, ferroviari, marittimi, non solo di maturare i profitti ma anche di sostenere i costi di struttura,
- impedire agli operatori, intermediari e consulenti (agenzie viaggi, tour operator, guide turistiche, ecc.) di avere prodotti da vendere,
- impedire a molte attività dell’indotto di potersi sostentare: si pensi, in ordine sparso, ad una pubblicazione specializzata nel settore (con tutta la sua redazione), si pensi alle manifestazioni e agli eventi fieristici (con hostess, tecnici di sala, operai, ecc.), ma anche più semplicemente ad una copisteria specializzata nella stampa di cataloghi o depliants, ad una software house che realizza gestionali per agenzie viaggi e tour operator, ad un consulente marketing e comunicazione specializzato nel settore turismo, a sviluppatori di siti web e prodotti tecnologici legati al turismo, ecc.
In questi giorni sto assistendo al paradosso di molte agenzie viaggi che si convertono nella vendita del superfluo (oggettistica, gadget, valigeria, ecc.) per cercare di coprire in qualche modo i costi fissi (affitti, utenze, personale, ecc.) che continuano a dover sostenere.
Mi chiedo quindi: chi dovrà decidere cosa è necessario, ha davanti il conto economico di una qualsiasi delle attività che reputerà non necessarie, con tutti i suoi collegamenti? Si sente davvero tranquillo nell’affermare che l’attività lavorativa di migliaia di persone (dagli assistenti di volo ai camerieri dei villaggi turistici, dagli animatori ai programmatori software, dai consulenti gestionali di tante aziende turistiche ai consulenti marketing e comunicazione, dalle hostess delle fiere al giornalista di una redazione) non sia necessaria?
Questo esempio potrebbe essere fatto per tanti altri settori che verranno ritenuti non “necessari”.
Forse qualcuno dovrebbe rileggersi, nella speranza che lo aiuti a ravvedersi, un famoso aforisma di Oscar Wilde: “niente è più necessario del superfluo”